Italia, giorno 54

Oggi è l’ultimo giorno della fase 1, domani, 4 maggio, inizia la fase 2.
Detto così sembra chissà cosa, ma la triste realtà è che c’è solo confusione. Potremo uscire di più, forse. Potremo vedere i congiunti, qualsiasi cosa voglia dire. Cercheremo di rimettere insieme le nostre vite e i nostri lavori come meglio potremo.
Intanto questo diario è sgocciolato via, le parole sono finite e le pagine si sono svuotate.
È difficile trovare qualcosa da raccontare e raccontarsi, dopo quasi due mesi in casa, due mesi in cui si è potuto fare ben poco, a parte panificare.
Ci vediamo quindi sul Diario dalla ripartenza, vedremo se riusciremo a raccontare, da nord a sud, i tentativi di ritorno a una pseudo-normalità.
Grazie per aver letto il diario!

Terni, giorno 39

Ho sognato che era estate e si andava in un parco acquatico. Eravamo andati in settimana, per via del distanziamento sociale: c’era meno gente. Facevamo una specie di tagadà / rafting in una piscina enorme che era quasi un mare, poi ce ne stavamo al bordo a chiacchierare. Io e le mie cugine, parlavamo di quanta poca gente ci fosse, meno male, di come potessero fare nel weekend, di che bella idea fosse stata andarci in mezzo alla settimana.

Io pensavo che non stavamo a un metro di distanza, tanto meno a due, ma nel sogno era poco importante. Tanto eravamo in acqua, no? Gli altri erano quasi tutti con la mascherina.

L’acqua era fresca e limpida, il sole caldo ma non bruciava, io ero in mutande e reggiseno e non in costume (me ne ero dimenticata) ma era un dettaglio irrilevante, non ero imbarazzata.

Uno stacco e ci ritroviamo a pranzo in un posto all’aperto. Mangiamo qualcosa, guardo l’ora e sono le tre del pomeriggio, per le cinque vorrei essere a casa, così lavoro un po’. Gli altri vogliono andare a mangiare la polenta al filo*, io non sono convinta, dopotutto è estate, abbiamo già mangiato ed è tardi. Mi sveglio.

È la prima volta che elementi della “nuova normalità” si insinuano nei miei sogni, dove tutto era rimasto invariato finora. Mi viene in mente l’aggettivo inglese wistful per descrivere come mi sono sentita appena sveglia, in mancanza di un termine in italiano: “full of yearning or desire tinged with melancholy” ovvero, piena di bramosia o desiderio tinto di malinconia. Se ci ripenso, mi sento ancora così. Wistful.

(*) Non ho idea se si chiami così, qua da me non si mangia la polenta solida e non ho idea di come si sia insinuata nei miei sogni!

— F.

Terni, giorno 25

Brevissima lista di ciò che mi manca: viaggiare.

La mente incagliata su un viaggio piccolissimo, vorrei andare a Roma. Prendere il treno, un’ora di viaggio, arrivare a termini, prendere la metro, visitare una mostra, magari fare un giro in un parco, vedere delle amiche che non vedo da molto, mangiare al ristorante coreano, riprendere il treno, tornare a casa.

Un viaggio breve, è tutto quello a cui riesco a pensare in questi giorni.

Compongo la playlist estiva, come una lista dei desideri.

— F.

Terni, giorno 23

Oggi è iniziato ieri, per la precisione a mezzanotte. Come una corsa per il raro biglietto di un concerto molto ambito, c’era da fare la domanda all’INPS per l’obolo di marzo, ovvero dei presunti 600€ che le partite iva dovrebbero percepire come indennità per i mancati incassi a causa delle misure di sicurezza attivate per la pandemia.

Il condizionale è d’obbligo, dato l’alto numero di richieste e le risorse limitate.

Dopo due ore di parolacce ce l’ho fatta ma molti che conosco sono ancora davanti al computer a tentare.

Italia, 2020.

Per il resto: il sole splende, il vento soffia gelido, faccio slime per rilassarmi.

— F.

Terni, giorno 22

Abbiamo sorpassato le tre settimane di isolamento (che, per chi abita in Lombardia, sono già cinque) e iniziano a comparire le prime crepe nei comportamenti dentro e fuori casa: orari sballati, volontà che vacilla, gli anziani che, forse troppo abituati all’emergenza, sembra non la sentano più. Li vedo aggirarsi senza mascherine e fare la spesa per comprare anche poche cose non strettamente necessarie.

Come mia madre che, col frigo mezzo pieno, dice che ha bisogno di altro per i pranzi e le cene. Suppongo sia difficile per chi ha una certa età uscire dagli schemi mentali, dalla routine consolidata in decenni: la spesa il martedì e il sabato, il martedì pesce, perché se non si mangia pesce di martedì allora non è martedì, giovedì gnocchi, ma non sempre, sabato a pranzo pizza, presa all’asporto, perché dopo la spesa c’è poco tempo per cucinare.

Il mio proposito di fare spesa ogni 7 – 10 giorni è risultato vano. Ieri ci ha mandato mio padre, a mia insaputa, a prendere l’importantissimo prezzemolo e le arance. E il pane per la bruschetta, perché non potevano aspettare fino a giovedì prossimo.

Quindi mi ritrovo a urlare, spaventare, cercare di far ragionare. La spesa si fa una volta a settimana, punto. “Punto un cazzo”, li immagino sussurrare tra loro.

Forse oggi sapremo per quanto tempo si prolungherà questa reclusione, intanto mi preparo psicologicamente per il bonus PIVA di domani, sono pronta a cliccare come una forsennata, se mai ce ne sarà bisogno!

— F.

Terni, giorno 18

È difficile trovare nuove cose da raccontare. Il tempo scorre veloce, diluito in una routine frammentata da notizie, chiamate, chat.

Cerco di racimolare dei fatti degni di nota:

1. Non c’è davvero più nessuno in giro a piedi. In compenso lunedì ho fatto 45 minuti di fila alla posta, sul marciapiede, e ho visto passare tante automobili.

2. Tutti oramai girano con la mascherina, anche quando portano il cane a passeggio o sono in macchina da soli.

3. Non si sentono ambulanze. Dovrebbe essere cosa positiva, ma abito vicino l’ospedale e sarebbe normale sentirle. La loro assenza totale mi inquieta. Ci sono in giro ancora abbastanza automezzi per giustificarle.

4. Ho letto oggi che nella provincia di Terni 15mila imprese e 60mila lavoratori continueranno a lavorare. La provincia conta circa 230mila abitanti, ciò vuol dire che un quarto della popolazione non starà a casa. Spero che le stime siano errate, spero che non vogliano ricalcare gli stessi errori della Lombardia.

5. A quanto pare le forniture di mascherine e altro materiale sanitario, che dovevano essere distribuite in tutta Italia, sono rimaste incastrate da qualche parte. Le maglie della burocrazia? Le mani lunghe di qualche disonesto? Forse l’esercito, invece di pattugliare, potrebbe occuparsi di questa incombenza, ben più vitale del multare i podisti.

— F.

Terni, giorno 14

Quarantacinque minuti di fila alla posta, una fila composta, educata e distanziata, colpita da sole e vento, mi hanno permesso un viaggio mentale niente male.

La serie TV Ally McBeal ha lasciato una traccia indelebile nel mio modo di vedere il mondo: mi capita, non di rado, di immaginare situazioni in cui, a un certo punto, parte la musica e la gente si mette a ballare.

Così, stamattina, sarebbe stato epico se le persone in attesa del loro turno si fossero messe ad agitare braccia, gambe e deretani in una coordinatissima coreografia al ritmo di Hey ya!, che a un certo punto ha iniziato a suonare nelle cuffie.

Mi sono messa a ridere sommessamente tra me e me, lì in fila. Per fortuna portavo la mascherina.

— F.

Terni, giorno 12

Quando scrostare una pentola lasciata troppo sul fuoco diventa un diversivo, vuol dire che il cervello è in pappa.

Non abbrutirsi, dicono, mantenere una routine, consigliano. OK, non ci sono riuscita in questi 12 giorni, da lunedì mi impegnerò. Da lunedì, OK?

Sabato sera: “party” su Skype, s’è parlato solo della situazione che stiamo vivendo, siamo sparse per mezza Italia, non ci vediamo da tanto e sentire voci amiche è bello. Sfogarsi a voce ha ancora senso, è meglio che in chat, poi a fine chiamata Bugo e Morgan hanno salvato l’umore, si ride ancora col meme infinito. Meno male che si ride.

(Nota a margine: tra un anno mi ricorderò di Bugo e Morgan? Come sarà la situazione tra un anno?)

Ho brindato col Viparo, ho scaricato rabbia e frustrazione (oramai quando sento “state a casa” mi escono solo parolacce*), fatto quattro risate (ancora grazie Bugo, grazie Morgan), sono pronta per la meditazione guidata che mi concilierà il sonno.

Domani che giorno è?

—  F.

(* Colpevolizzare i cittadini per una mala gestione dell’emergenza, mettere i reclusi uno contro l’altro in una gara alla delazione, aizzare alla caccia al corridore, al passeggiatore, a pisciatore di cani, è francamente pratica disgustosa. La gente non sta morendo perché il nonnino si siede da solo sulla panchina o la vicina di casa porta a spasso il cane, la gente muore perché ci sono attività ancora aperte, attività che avrebbero dovuto chiudere. Leggo di gente fermata perché, in solitaria, faceva il giro lungo per tornare a casa da lavoro: stiamo scherzando???)

Terni, giorno 10

Siamo già al giorno dieci di isolamento e ancora le giornate sono frammentate da pensieri, cose da fare, tutte insieme, e troppe, troppe visite ai social per leggere cosa succede nel mondo.

Cosa succede nel mondo? Una a una, altre nazioni ci stanno seguendo sulla via dell’isolamento, chiudono negozi, scuole, tutte le attività non necessarie, mentre gli esperti analizzano, rianalizzano, ipotizzano. Il futuro che prevedono sembra uscito da una distopia: per ora la via percorribile e sostenibile sembra essere quella del lock down alternato, ovvero alcuni mesi di isolamento e poi alcuni di apertura, poi di nuovo lock down quando la situazione peggiora. Una vita sul filo del rasoio, insomma. Un cambiamento radicale della vita di milioni di persone, attività, culture. Spero si sbaglino.

Intanto in Umbria aumentano contagiati e morti. Ancora relativamente bassi rispetto ad altre regioni ma ci si aspetta il picco, nei prossimi giorni, soprattutto dovuto al rientro massiccio di persone dalle altre regioni, avvenuto la prima settimana di marzo.
Le autorità dicono che saranno aumentati i posti in terapia intensiva, che mi sembrano comunque pochi (120) per una regione con un’età media alta come la nostra.

Ieri sono andata al supermercato, c’era troppa gente dentro ed era difficile mantenere le distanze. Qui non ci sono state razzie e a parte alcuni prodotti non di prima necessità che non sono ancora stati riassortiti (come orzo caffè e liquido per le lenti a contatto, sob), il resto c’è tutto. Lo scaffale più depredato era quello delle farine, immagino che gli anziani che ricordano la guerra (qui ce ne sono ancora vivi) abbiano puntato sulla panificazione casalinga, che non si sa mai.

Non pensavo l’avrei mai detto, ma mi manca uscire; le giornate sono soleggiate e inizia a fare caldo.
Ogni tanto esco in terrazzo, a guardare gli uccellini e ad aspettare che gli alberi mettano le prime foglie.

— F.

Terni, giorno 6

Parlo con le amiche all’estero e mi preoccupo per loro. Gli altri governi europei si stanno iniziando a muovere ma fino a pochi giorni fa schernivano l’Italia, accusandoci di isteria di massa. Quindi ora le persone se ne fregano e guardano le mie amiche come matte, perché loro invece sono terrorizzate.

Oggi il canto degli uccellini era particolarmente nitido e forte, è passata qualche macchina, non ho visto persone in giro, ho passato la giornata a chattare con le amiche lontane, a guardare i meme scemi e a lavorare a un altro progetto legato a questa pandemia, che vedrà la luce domani.

C’è questa sensazione di vacanza condita d’ansia (notizie di contagi e morti, ancora lontane, un grado o due di separazione) consapevole del fatto che non sono in vacanza, il mio lavoro non è, per ora, condizionato dalla situazione, devo riuscire a concentrarmi.

— F.